È sicuramente tra i dispositivi aerodinamici più importanti caratterizzanti le moderne e contemporanee vetture da competizione. Parleremo di alettone posteriore o, più semplicemente, ala posteriore. La stagione di Formula 1 che ci apprestiamo a commentare contemplerà, ancora una volta, sostanziali modifiche al Regolamento Tecnico. Tra gli elementi sottoposti a modifiche vi è anche l’ala posteriore.
Rispetto al 2018, anzitutto, questa sarà più alta (si passa dagli 800 mm rispetto al Reference Plane agli 870 mm a partire dal Reference Plane — il Reference Plane è il Piano di Riferimento rispetto al quale la FIA stabilisce tutte le misure in altezza) e più larga (1050 mm contro i precedenti 950 mm; in realtà, la larghezza massima dei soli profili alari è pari a 1010 mm, ai quali occorre aggiungere i 20 mm massimi dello spessore dei cosiddetti “endplates” — uno per lato — ossia le paratie laterali di estremità. Pertanto, 1010 mm + 40 mm = 1050 mm). Anche le paratie laterali saranno maggiorate nelle dimensioni e, pertanto, potranno essere estese verso il retrotreno sino ad un punto situato a 810 mm a partire dall’asse ruota posteriore (710 mm del 2018); inoltre, l’area delle paratie, nella vista laterale, è incrementata sino a 280000 mm² contro i 230000 mm² del 2018. Modifiche anche per quanto concerne il DRS (Drag Reduction System), finalizzate a conferire al controverso e discusso dispositivo una maggior influenza, così da agevolare la manovra di sorpasso. La “luce” interposta tra main plane e flap mobile aperto, infatti, sarà accresciuta, passando da 65 mm a 85 mm. Il maggior spazio tra main plane e flap ridurrà ulteriormente la resistenza all’avanzamento quando il DRS verrà attivato.
I cambiamenti appena illustrati costituiscono solo gli ultimi mutamenti regolamentari, in ordine temporale, che hanno investito l’ala posteriore a partire dalla sua introduzione. Occorre risalire alla fine degli Anni ’60 per assistere alla compiuta introduzione, in Formula 1, di siffatto dispositivo aerodinamico. Sin dalla seconda metà degli Anni ’50, i primi profili alari iniziavano timidamente (e raramente) a far capolino sulle vetture da competizione a ruote coperte. Emblematico, in tal senso, l’esempio offerto dalla Porsche 550 di classe Sport 1500 (S1.5) condotta, alla 1000 km del Nürburgring del 1956, da Michael May e Pierre May. Questa vettura spider sfoggiava una vistosa ala alta centrale, provvista di un solo profilo a corda costante, posta in corrispondenza dell’abitacolo. Nel corso della seconda metà degli Anni ’60, è la Chaparral a sviluppare iconiche auto a ruote coperte munite di vistose ali posteriori, alte, a corda costante, ad incidenza variabile dal pilota e i cui sostegni sono connessi alle sospensioni posteriori. Il carico deportante, sulle avveniristiche auto statunitensi, grava direttamente sulle ruote posteriori (motrici). Si pensi alla Chaparral 2E Can-Am del 1966 e alla Chaparral 2F del 1967, Prototipo di classe P+5000.
Al tramonto degli Anni ’60, i primi profili alari posteriori iniziano a diffondersi anche nel panorama delle monoposto a ruote scoperte, F1 e USAC (United States Auto Club). In F1, il merito va a Mauro Forghieri, sopraffina mente tecnica operante in seno alla Scuderia Ferrari. L’occasione è il GP del Belgio (Spa-Francorchamps) del 9 giugno 1968. Chris Amon è al volante della aggiornata Ferrari 312/67 (telaio 0007) provvista di ala posta a valle del roll-bar e delle trombette di aspirazione, proprio sopra gli scarichi. Amon, in quel weekend, conquisterà la pole-position e sarà al volante anche della Ferrari 312/68 0011, vettura che userà solo in prova. A Jacky Ickx, invece, la Ferrari affida la 312/67 0003 sprovvista di ala, grazie alla quale chiuderà la corsa al 3° posto. Amon si ritira all’8° giro, a seguito della rottura del radiatore dell’acqua, mentre occupa la 2a posizione (alla fine del primo giro era in testa al GP).
I benefici dell’ala posteriore sono evidenti e macroscopici. Da questo momento, tutti i costruttori iniziano ad applicare ali posteriori/centrali. Le variazioni sul tema diverranno molteplici ma, in questa determinata fase storica ancora embrionale, i tecnici progettisti si orientano verso l’adozione di semplici profili alari (anche anteriori) a corda costante posti molto in alto e sorretti da sottili (e delicati) tralicci. Interventi regolamentari hanno posto fine, in maniera alquanto prematura ed affrettata, all’era delle ali posteriori/centrali (anche mobili) collocate particolarmente in alto. Queste ali erano concettualmente ineccepibili, lavorando in zona di aria calma e molto poco perturbata, a vantaggio, dunque, della efficienza.
Le ali posteriori, parimenti ad ogni altra area della vettura, deve fare — ieri come oggi — sempre i conti con i legislatori, i quali aprono e chiudono le maglie dei regolamenti seguendo e inseguendo ragioni più o meno logiche e legittime. Gli alettoni, nel corso degli anni, vengono allargati o ristretti, alzati o abbassati, posti più vicini o più distanti rispetto all’asse ruote posteriori e al corpo vettura. Medesima sorte tocca i profili alari (numero, forme e dimensioni), anch’essi alle prese con i legislatori internazionali in un continuo “leva e concedi”.
A partire dagli Anni ’70, gli alettoni posteriori palesano forme e soluzioni differenti gli uni dagli altri, alla continua ricerca della massima deportanza senza, tuttavia, intaccare negativamente il vitale coefficiente di penetrazione aerodinamica. Vengono sviluppate ali a fenditura (profilo principale e flap) e a schiera di profili (principio che dà vita agli alettoni biplani, triplani, ecc.
A riguardo, citiamo due importanti variazioni sul tema: l’alettone “double decker” della Lotus 76 del 1974 e l’ala biplana di più moderna concezione della Hill GH2 del 1976). Al bordo d’uscita dei flap, infine, viene applicato il cosiddetto nolder (o Gurney flap), una piccola bandella circa perpendicolare al flusso la quale, benché comporti una riduzione della efficienza alare (l’efficienza è data dal rapporto tra portanza e resistenza: ε = Cz/Cx), realizza un sensibile incremento del Cz, il Coefficiente di Portanza (aumento di deportanza anche a fronte di blande incidenze). Anche le paratie laterali, la cui funzione, come vedremo, si rivela fondamentale ai fini di un corretto funzionamento dei profili alari, subiranno continue evoluzioni ed elaborazioni, per forma, finalità e dimensioni.
La ricerca aerodinamica si fa sempre più serrata e intensa. Le ali posteriori aumentano di dimensioni (compatibilmente ai regolamenti), i profili alari attentamente studiati nelle corde, nelle sezioni, nelle incidenze, nelle piante (trapezoidali, a delta ritagliato, a freccia, a freccia negativa e così via) grazie ad un continuo travaso di tecnologie e conoscenze dal mondo aeronautico al settore automobilistico. Nell’era delle wing-car (1978/1979-1982), le ali posteriori subiscono una “stasi” evolutiva nonché un lieve ridimensionamento, risultando generalmente molto scarne ed essenziali anche nella disposizione e nel numero dei profili. Dal 1983, allorché vengono bandite le wing-car, i tecnici cercano di recuperare il carico deportante perduto mediante l’impiego di alettoni posteriori di dimensioni sempre più abbondanti e generose, caratterizzati da numerosi profili nonché da ulteriori alettoni supplementari più piccoli. La corsa al carico aerodinamico mediante ali deportanti riprende vita e linfa.
Nel biennio 1983-1984, pertanto, si registra un proliferare di alettoni e profili atti a produrre quel carico aerodinamico necessario affinché le vetture — peraltro qualificate da motori sempre più potenti — riescano a palesare adeguata aderenza al suolo. Ferrari, Brabham, Renault, Williams, ATS, Lotus, Alfa Romeo, Arrows, Ligier, McLaren, Osella, RAM, Spirit, Tyrrell, Toleman adotteranno (o sperimenteranno) gli ormai celebri alettoni supplementari situati in posizione avanzata rispetto all’alettone posteriore principale, soluzione inizialmente sviluppata dalla Ferrari e poi diffusasi a macchia d’olio data la comprovata efficacia. Questi alettoni supplementari sfruttano la larghezza massima della carrozzeria consentita dal Regolamento (in tal senso, infatti, le paratie verticali di questi alettoni supplementari spesso si prolungano sino ad ancorarsi alla zona più arretrata delle fiancate).
Contemporaneamente, alcuni costruttori tentano la via del doppio alettone: oltre all’alettone posteriore posto a valle e all’interno delle ruote posteriori, viene installata una autentica seconda, enorme ala, “a tutta larghezza” (pari, dunque, alla larghezza massima della carrozzeria, che su una monoposto di F1 coincide con le fiancate laterali) e collocata davanti all’alettone “tradizionale”. Spirit, Ligier e Lotus intraprendono tale via, ma è la Toleman — con i modelli TG183B e TG184 spinti dal 4 cilindri Turbo Hart — a fare di questa interessante configurazione una propria, salda peculiarità nel biennio 1983-1984. Intanto, si adottano anche alettoni le cui paratie laterali scendono sino ad inglobare o prolungare la sezione d’uscita del profilo estrattore o ad accogliere un ulteriore profilo alare collocato molto vicino al suolo e a valle dei profili estrattori. Nel 1983, è la Spirit 201/201C a proporre siffatta configurazione, riprendendo un’idea già lanciata nel periodo delle wing-car (Lotus 80 e Arrows A2 del 1979, Lotus 88 del 1981, Ligier JS19 del 1982). Negli anni successivi (tra il 1984 ed il 1986), saranno, ad esempio, Ferrari, Toleman, Benetton e Minardi a riproporre lunghe paratie verticali a lambire il suolo. Nel 2009, saranno la Red Bull RB5 e la sorella Toro Rosso STR4 a presentare un interessante alettone posteriore caratterizzato da paratie di estremità protese verso il basso, intese a prolungare in lunghezza le derive verticali più esterne del profilo estrattore a beneficio delle capacità diffondenti del profilo estrattore stesso.
Nel 1983, Lotus e Tyrrell sperimentano altre strade rivelatesi, tuttavia, tanto originali quanto prive di continuità. La Lotus, in occasione della Race of Champions (Brands Hatch), affida l’unica 93T schierata in gara a Nigel Mansell. La monoposto è caratterizzata da un curioso alettone “quadriplano”. Molto sottile nella vista laterale, l’ala è dotata di quattro profili disposti a schiera. Nel medesimo periodo, la Tyrrell gioca la carta dell’ala posteriore a freccia negativa. La Tyrrell 012 “Boomerang”, come viene ben presto soprannominata, presenta un complesso alettone posteriore la cui peculiarità risiede, appunto, nella pianta a freccia negativa che frutta la larghezza massima della carrozzeria (le paratie laterali si collegano alle corte pance a freccia). La ardita soluzione, benché non passi inosservata, viene ben presto accantonata.
Nel corso degli Anni ’80 ed i primi Anni ’90, gli alettoni posteriori — ribadiamo, sempre alle prese con un continuo tira e molla regolamentare — evidenziano un tanto graduale quanto inesorabile sviluppo. Nel biennio 1993-1994 compaiono ulteriori profili supplementari, posti a monte ed in alto rispetto a main plane e flap. Questi profili supplementari sono possibili grazie alla estensione in avanti e verso l’alto delle paratie laterali. Nella seconda metà degli Anni ’90 (in particolare dal 1995 al 1997), per una sorta di “loop” di soluzioni e regolamenti, le monoposto di F1 presentano nuovamente alettoni supplementari ai lati di quello principale. Ma, contrariamente agli “alettoncini” datati 1983-1984, i nuovi alettoni supplementari si sviluppano in basso (in corrispondenza delle ruote posteriori) grazie alla estensione delle paratie laterali dell’ala posteriore. Prolungamenti degli “endplataes” e alettoni supplementari si protendono sino a valle delle pance laterali a sfruttare tutta la larghezza della carrozzeria. La Minardi, con le sue M195/M195B (1995-1996), sviluppa versioni ad alto carico provviste di piccolo alettone supplementare (di dimensioni simili agli ormai banditi “monkey seat”) posto appena a monte e in alto rispetto a main plane e flap dell’ala posteriore. Una soluzione degna di nota che verrà, nel 2010, ripresa (e modificata) sulla Lotus T127. Le variazioni sul tema sono molteplici; degni di nota i profili inferiori a diedro negativo riscontrabili sulle vetture di F1 a partire dalla prima metà degli Anni ’90: rappresentativi i profili a diedro negativo di Williams FW16/FW16B e Benetton B194. L’anno è il 1994.
Continui mutamenti regolamentari e l’incessante sviluppo aerodinamico attorno ai profili alari (purtroppo sovente frenato e imbrigliato da troppi paletti regolamentari) ci hanno consegnato gli odierni alettoni posteriori, caratterizzati da forme “imposte” dai regolamenti tecnici. Le ali posteriori delle vetture di F1 2019, come abbiamo visto, presenteranno non solo variazioni dimensionali ma anche funzionali, grazie ad un DRS più efficace, alla eliminazione dei soffiaggi posti sul bordo di attacco delle paratie laterali (le paratie si presenteranno, ora, più omogenee e pulite così da accontentare gli sponsor: le ragioni legate allo “spettacolo” e ai “sorpassi” sono solo paraventi da vendere al pubblico, come già fatto in passato — ad esempio, con la introduzione delle nuove vesti aerodinamiche datate 2009), ad un alettone più alto (quindi più efficiente) e più largo, qualificato, cioè, da una accresciuta apertura alare (incremento della portata d’aria che investe i profili stessi).
Come funziona un’ala posteriore? Questo elemento aerodinamico è molto di più di un insieme di profili alari deportanti, in cui la velocità dell’aria che investe l’intradosso (il ventre alare) è maggiore rispetto a quella che investe l’estradosso (il dorso). Questa differenza di velocità, ricordiamo, instaura una condizione di depressione in corrispondenza dell’intradosso e di alta pressione in corrispondenza dell’estradosso (in un’ala di un aereo avviene l’opposto). Un alettone posteriore, infatti, funge da moltiplicatore, da amplificatore della depressione regnante all’interno del profilo estrattore. Facendo sboccare il profilo estrattore (o i tunnel Venturi, nel caso di autentiche wing-car) nella strozza di un secondo Venturi — rappresentato dall’alettone e a sua volta in depressione — si amplifica la depressione esistente all’interno del profilo estrattore. Ebbene, l’alettone posteriore può essere anche considerato come un Venturi di dimensioni ridotte. Tanto più l’alettone-Venturi presenta dimensioni considerevoli (tanto in altezza rispetto al suolo, ossia distante dal resto del corpo vettura, quanto in larghezza), maggiore sarà l’efficienza globale dell’intero sistema. Nel 2019, l’efficienza del sistema profilo estrattore/alettone-Venturi sarà incrementata grazie alle dimensioni maggiorate dell’alettone in larghezza e altezza. Efficienza che si tradurrà in incremento di deportanza. Ogni riduzione delle dimensioni dell’alettone, anche da terra, riduce non solo l’efficienza dell’ala stessa ma anche del sistema profilo estrattore/alettone-Venturi.
Le paratie laterali dell’alettone, alla luce di quanto detto, svolgono una duplice funzione. In primo luogo, esse servono a contenere ed arginare i negativi fenomeni legati al cosiddetto “allungamento finito” (tutti i profili alari hanno allungamento finito, in quanto un’ala ad allungamento infinito è solo teorica): in un profilo deportante, il fluido tende a sfuggire dall’estradosso — ove regna alta pressione — verso l’intradosso, ove regna depressione. Questi flussi trasversali che si sviluppano lungo l’apertura alare riducono l’efficienza dell’ala stessa. Le paratie laterali intervengono in questa direzione, minimizzando gli effetti negativi dell’allungamento finito attraverso il contenimento di questi flussi centrifughi e centripeti. Ma non è tutto. Le paratie di estremità fungono anche da pareti del corto Venturi identificato dall’alettone stesso.
La stagione 2019 di Formula 1 è ormai alle porte. E lo sarà anche per i nuovi, accattivanti alettoni.
Scritto da: Paolo Pellegrini