Venerdì 1 maggio si è celebrato il 26 anniversario della scomparsa di uno dei più grandi piloti della Formula 1, Ayrton Senna, avvenuta a seguito di un gravissimo incidente alla curva del Tamburello, in occasione del Gran Premio di San Marino. Una curva, che già prima dell’incidente mortale di Senna, aveva “battezzato” altri grandi piloti.
Da 26 anni a questa parte, il 1° maggio, per gli appassionati di Formula 1 e, soprattutto per i suoi tifosi, è diventato giorno carico di tristezza e malinconia. Quello stesso giorno del 1994, infatti, scomparve quello, che a detta di molti, è uno dei più grandi piloti di Formula 1: Ayrton Senna. Un fine settimana a dir poco tragico, cominciato con il grave incidente occorso nelle prove libere a Rubens Barrichello: proseguito con la morte di Roland Ratzenberger, vittima di uno spaventoso schianto alle Acque Minerali. E terminato nel peggiore dei modi, con la scomparsa del tre volte campione del mondo brasiliano. Nel mezzo, spettatori feriti da uno pneumatico impazzito staccatosi dalla vettura di Pedro Lamy, a seguito del tamponamento della Benetton di J.J. Lehto: e cinque meccanici (tre della Ferrari, uno della Lotus ed uno della Benetton) finiti in ospedale, a causa della perdita di uno pneumatico posteriore, mal fissato, dalla Minardi di Alboreto, che stava uscendo dai box dopo una sosta.
Un week end dell’orrore, che ha cambiato per sempre il mondo della Formula 1, e del Motorsport in genere. E ha modificato la configurazione del tracciato di Imola. In particolare, il Tamburello, una piega a sinistra da pelo sullo stomaco, che si affrontava a quasi 300 Km/h, è scomparso, lasciando il posto ad una più anonima variante.
Il Tamburello: una curva che ha causato, oltre alla morte di Ayrton Senna, grandi spaventi ad altri campioni, con esiti per fortuna diversi.
RICCARDO PATRESE E MICHELE ALBORETO
Anche i due nostri migliori piloti del dopoguerra, furono eccellenti vittime.
Due anni prima la morte di Senna, durante la terza giornata di prove libere, in occasione di una simulazione di gara, la Williams di Riccardo Patrese, uscendo dalla curva del Tamburello, andò in testacoda, e finì la sua corsa contro il muro con la fiancata sinistra. Il pilota riuscì ad uscire dalla monoposto sulle sue gambe, e gli accertamenti svolti successivamente in ospedale, evidenziarono solamente contusioni multiple e un trauma cranico, che non impedirono al nostro portacolori di prendere parte alla gara.
La causa del testacoda, e del successivo schianto, fu poi rinvenuta nell’afflosciamento del pneumatico posteriore destro.
Caso vuole, che testimone dell’incidente fu Michele Alboreto, che seguiva da vicino Patrese con la sua Footwork, e che si fermò per prestargli i primi soccorsi. L’anno prima toccò, infatti, al pilota milanese saggiare la durezza del muretto che divide la pista dal fiume Santerno. Al volante della nuova Footwork – Porsche, impegnato nei test che anticipavano il G.P. di San Marino, Alboreto fu vittima di uno schianto in piena velocità, del tutto simile a quello che causò la morte di Senna. La vettura si disintegrò e prese fuoco: nonostante questo, Michele usci da solo dalla monoposto in fiamme. Riportò una ferita alla gamba destra, dovuta da un braccetto della sospensione entrato nel telaio.
Dall’esame dei resti della vettura, emerse che l’incidente fu causato dalla rottura del pilone che reggeva l’ala anteriore, che impedì al pilota qualsiasi direzionalità della monoposto.
Michele Alboreto’s huge accident at the Tamburello while testing his new Footwork Porsche in 1991 from r/formula1
GERHARD BERGER
Per lo stesso problema tecnico Gerhard Berger, il miglior amico di Senna all’interno del Circus, rischiò la vita al Tamburello: solo l’intervento tempestivo dei leoni della CEA , e una buona dose di fortuna, evitarono il peggio.
Era il 23 aprile 1989, e il pilota austriaco era al volante della Ferrari 640, soprannominata “papera”, per via del muso squadrato. Al terzo giro di gara, Berger, alle spalle di Riccardo Patrese, affrontò la curva del Tamburello, senza accennare il minimo tentativo di sterzata. L’impatto contro il muro, avvenuto a circa 200 km/h, fu devastante: la “Rossa” dell’austriaco inizio a carambolare, perdendo pezzi ovunque. Una volta ferma, la vettura prese fuoco. In pochissimi secondi, gli uomini della squadra antincendio della CEA, soprannominati “Leoni” (soprannome meritatamente ottenuto in occasione del terribile incidente del GP d’Italia del 1978 a Monza, in cui morì Ronnie Peterson) arrivarono sul posto, e in tempo record spensero l’incendio. Tanta paura e solo qualche graffio e ustione per il pilota.
Nel dubbio che l’impatto contro il muro fosse stato causato da un problema meccanico, come poi accertato, la Ferrari decise di far ritirare dalla corsa l’altra vettura di Maranello, guidata da Nigel Mansell.
NELSON PIQUET
Nel 1987 toccò al connazionale di Senna affrontare la consistenza del muretto del Tamburello. Durante le prove libere del venerdì la sua Williams-Honda, improvvisamente, andò in testacoda, e impattò con il lato posteriore sinistro. Il pilota fu trasportato al vicino Ospedale di Bellaria-Igea Marina: le radiografie esclusero danni, ma per precauzione i medici imposero a Nelson il divieto di prendere parte alle qualifiche ufficiali e alla gara. Il pilota brasiliano si dovette “accontentare” di un giro d’onore in moto, osannato dai tifosi.
Anche in questo caso l’incidente fu causato da un problema tecnico: nello specifico dalla perdita di pressione di uno pneumatico posteriore. A seguito di questa anomalia, la Goodyear ritirò tutti gli pneumatici assegnati ai team, e fece arrivare in gran fretta una nuova serie di gomme, che montò su tutte le monoposto il giorno della gara.
Per la cronaca, Nelson Piquet quell’anno vinse il mondiale, nonostante i punti persi a Imola.