Quando parli di e con Luigi Mazzola impossibile non avere il felino risveglio della mente che ti riporta ai suoi 22, intensi, anni in Ferrari (dal 1988 al 2009) in cui ha rappresentato una risorsa di prim’ordine assoluto della fase storica più fulgida del Cavallino in F1 tra la seconda metà degli anni Novanta e il primo decennio del nuovo millennio. Quattordici titoli mondiali per l’ingegnere originario di Ferrara non si vincono certo per caso. Ma Luigi Mazzola non si è fermato qui. Uscito di scena dalla F1, con grande versatilità ed energia si è cucito addosso una seconda vita professionale come manager della performance aziendale fino all’attuale svolta di questo suo percorso nella veste di testimonial emozionale.
Il suo motto “Avanti tutta!”, titolo di un suo apprezzato libro, è divenuto un cult. Un cammino, anche questo di notevole successo, la cui prima pietra è stata posta proprio grazie alla vasta esperienza di leader maturata nell’ambiente della F1, dapprima come giovane ingegnere di pista di Alain Prost, poi responsabile della squadra test e infine coordinatore dello sviluppo della vettura di Formula 1. Subire inizialmente e poi apprendere e applicare i meccanismi di funzionamento della leadership sono stati i passaggi fondamentali di maturazione a sostegno di questa successiva carriera. Patrimonio di esperienza ineguagliabile il suo, che sta mettendo a servizio di una vasta e prestigiosa clientela.
In un piacevole e interessante pomeriggio, Mazzola ha svelato a CircusF1 il contenuto del suo nuovo ruolo di testimonial emozionale. “Si tratta di una figura chiamata dalle aziende nelle Convention – ha spiegato subito l’ex ferrarista – per trasmettere messaggi mirati che generano energia e motivazione. Il cambio di nome da testimonial motivazionale ad emozionale mi è stato suggerito dall’amministratore delegato di un’azienda in quanto riesco a generare emozioni. Il team di F1 è un’azienda che opera in un mondo di competizione diretta e quindi ci sono tanti punti di contatto con tutte le altre aziende. In più – ha ricordato – mi diverto a fare l’executive coach, cioè guido il clt sulla strada della consapevolezza finalizzata a trovare soluzioni per raggiungere un suo obiettivo. Ho fatto il coach all’interno dell’azienda Ferrari e, all’esterno, con altri clt per favorire la loro crescita, tra cui anche sportivi del calibro di Djokovic”.
Come ha sviluppato le doti di leader in F1 che lo hanno portato successivamente a divenire l’apprezzato performance coach che tutti conosciamo fino al nuovo ruolo di testimonial emozionale?
“Svolgendo, giovanissimo, un ruolo gestionale in Ferrari e anche in Sauber (dove ha contribuito fattivamente alla nascita del team F1 con sede ad Hinwil). Mi sono subito reso conto delle difficoltà nel passaggio da essere operativi ‘a fare’ ad essere operativo nel ‘far fare’ e, quindi, nel gestire persone. Sostanzialmente sono tornato a scuola andando a studiare comunicazione, gestione dei conflitti, intelligenza emotiva e coaching, elemento quest’ultimo che ho ritenuto più efficace per la leadership. Sono quindi diventato executive coach molto presto subendo dapprima la capacità di essere leader, acquisendone sempre più skill in termini di carisma e autorevolezza ed esercitandola a sua volta in un contesto di estrema competitività, innovazione e cambiamento. Uscendo dalla F1 ho decodificato tanti aspetti su leader e performance individuando gli ingredienti per miscelarli nella giusta maniera e, la curiosità di scoprirli e amalgamarli, mi ha permesso di essere utile anche alle aziende e alle università per insegnare leadership, raccontando anche aneddoti”.
E per essere un ottimo motivatore della performance aziendale agendo sulla capacità di leadership sono fondamentali due elementi: intelligenza emotiva e creatività, che Mazzola sviscera con acuta capacità analitica suscitando notevole interesse e richiamando sempre i momenti di vita vissuta in F1 di cui ha fatto tesoro.
Quanto incidono creatività ed intelligenza emotiva sulla performance da leader?
“L’intelligenza emotiva è l’utilizzo dell’emozione e non la gestione, che invece fa riferimento al controllo o alla repressione della stessa. Le emozioni nella leadership sono importanti perché costituiscono una componente di informazione che il nostro cervello ci fornisce ogni secondo assieme ai pensieri. In questi ultimi c’è la consapevolezza, il sapere mentre nelle emozioni c’è energia. Quindi per poter agire, che è il fondamento della leadership, devo avere consapevolezza ed energia. L’efficacia delle nostre azioni, e quindi della performance, dipende più dall’utilizzo delle emozioni che dei pensieri. Nelle emozioni c’è autorevolezza, carisma, passione che ti serve per trascinare. E i piloti devono motivare, trascinare le persone che lavorano con loro e lo fanno tramite le emozioni.
I più grandi masters dell’utilizzo delle emozioni che ho incontrato nello sport sono stati Prost, Schumacher, Senna, Rossi, Ross Brawn e Djokovic. L’intelligenza emotiva, come è fondamentale nello sport per fare il risultato, lo è anche nella comune azienda, che deve sapere dove lavorare per aumentare la sua capacità di produrre efficacia nelle proprie azioni. Ed è questo il mio compito. Sul versante della creatività quando lavoravo in F1 con i regolamenti che davano massima libertà a test e sviluppo, essa trovava grande espressione nell’evoluzione tecnica delle vetture.
La creatività non nasce dall’intelletto, cioè da quello che già sai, ma dall’intuizione, dalla scoperta che si realizza attraverso l’inconscio in cui si entra vivendo nel presente e che, per lavorare, si serve del conscio. Così come fa il pilota di F1 mentre guida al massimo rischiando la vita con l’inconscio che gestisce il suo conscio rappresentato dall’abilità di guida. Il pilota ha coraggio non paura, perché quest’ultima rientra nella sfera del pensiero mentre il coraggio è nel presente. E il leader deve avere coraggio, prendere decisioni che sono scoperte, frutto dell’inconscio, altrimenti sarebbero procedure che già si conoscono. Deve, quindi, saper vivere il presente. La creatività sta nella visione propria del leader, il quale deve capire verso quale direzione spingere l’azienda”.
Pertanto, leader si può diventare e non necessariamente nascerci?
“Certamente. La leadership non è un talento, perché per esserlo serve dosare emozioni e creatività di cui siamo tutti dotati. Il bimbo, che vive soltanto di emozioni, è totalmente performante perché vive solo di inconscio, di presente, in quanto non conosce il tempo e quindi si butta nell’agire con coraggio. Il campione mantiene questa qualità di quando era piccolo sostenuta dalla sapienza propria dell’adulto”.
E leader, lo è, a 360 gradi, Luigi Mazzola, indimenticato uomo-chiave dei successi della Rossa più amata dal mondo terracqueo.