Villeneuve, Pironi, Senna, Prost, Leclerc e Sainz. Sei piloti, due storie passate e una da scrivere, con un palcoscenico comune: Imola.
Enzo Ferrari nel 1948, al primo contatto con quel territorio collinare, cinto dai meandri del fiume Santerno, lo definì un “piccolo Nurburgring”. All’epoca non poteva sapere, che quel luogo lì, si sarebbe tradotto nel teatro privilegiato delle sue “gioie terribili”.
Il concetto filosofico del Sublime, coincide con quello motoristico di Imola.
Noi, spettatori appassionati, siamo lì davanti alla pista o alla tv, a non perderci il piacere atroce che solo questo circuito può suscitare.
Imola è un luogo dove la differenza tra la vita e la morte sta in qualche metro d’erba o di ghiaia. Un luogo dove rosso vuol dire passione, rosso vuol dire Ferrari, ma rosso, può voler dire anche sangue, come in quel maledetto weekend del 1994.
Quello del Santerno è un circuito che racchiude un’infinità di storie e aneddoti.
Ora però, una strana sensazione di ricorso storico ci porta a osservare, nei quasi cinque chilometri che separano la Variante Bassa dalla Rivazza, una tendenza alla rottura dei legami e dei rapporti di reciproco rispetto tra compagni di squadra.
Imola è la pista dei divorzi, sarà per la posizione strategica nel calendario, che chiude la prima fase del campionato, sarà perché è la pista dove è usuale apportare i primi aggiornamenti alle vetture, sarà che un vero motivo non c’è, ma così è sempre stato.
Nel Gran Premio di San Marino del 1982 (vecchia denominazione dell’attuale GP dell’Emilia Romagna) si innescò una lotta fratricida tra due ferraristi: Gilles Villeneuve e Didier Pironi.
I due piloti della Rossa si qualificarono rispettivamente terzo e quarto alle spalle del duo Renault, tutto al francese, con Arnoux e Prost.
Le Renault, durante i 60 giri della domenica, furono costrette al ritiro a causa di problemi legati all’affidabilità e ciò lasciò campo libero al galoppo del Cavallino, davanti al pubblico di casa.
Dopo alcune fasi di lotta tra i due ferraristi, una volta ritiratosi il leader Arnoux, i meccanici di Maranello esposero dai box un cartello con scritto “Slow”, il che lasciava intendere un congelamento delle posizioni e una gestione del ritmo di gara tale da preservare le vetture.
Gilles, come richiesto, iniziò a moderare il ritmo, ma Pironi, furbescamente, approfittò di ciò per attaccare il compagno, sorpassandolo. Dopo una lotta intensa, protratta fino all’ultimo giro, ad avere la meglio fu proprio il francese, che ottenne il primo successo con la Ferrari, nonché il secondo assoluto in carriera.
Gilles si sentì tradito dal compagno di squadra. Quel dolore e quella rabbia, lo accompagnarono fino alla morte, trovata due settimane dopo nel sabato di qualifica del GP del Belgio, a Zolder. Il suo corpo, sparato come un proiettile contro le recinzioni. Il suo piede, fino a qualche istante prima, abbassato sino all’asfalto per rosicchiare qualche decimo. In pole provvisoria, c’era lui, l’odiato compagno Didier.
Sette anni dopo, nel 1989, di entrambi i protagonisti, non c’è più traccia.
Pironi, ritiratosi dal Circus dopo un terribile incidente nel GP di Germania, sempre nel 1982, si dedicò alle gare di motonautica (passione che condivideva con lo stesso Gilles) e proprio in una gara “offshore” nei pressi dell’isola di Wight, trovò la morte nel 1987.
Ma è in quel GP di San Marino del 1989, che si innescò il primo capitolo di uno dei duelli più leggendari della storia del Motorsport.
Dopo soli tre giri la Ferrari di Gerhard Berger venne inghiottita dalle fiamme al Tamburello.
Un impatto devastante, 290 km/h, il pilota ne uscì praticamente illeso, grazie al miracoloso intervento dei “Leoni” della CEA (società che gestisce la sicurezza antincendio in F1).
Lo show andò avanti, Prost in pole ripartì bene, ma alla Tosa, Ayrton Senna lo sorpassò e condusse la sua McLaren MP4/5 alla vittoria.
Senna, attaccando il compagno di scuderia, non osservò l’accordo di mutuo rispetto delle posizioni in pista, preso nel pre gara.
Questo gesto rappresentò la dichiarazione di guerra tra i due.
Il resto è storia, anzi leggenda, i contatti di Suzuka 1989 e 1990, una rivalità infinita, sette titoli in due (Prost 4, Senna 3).
Poi il rapporto tra Ayrton e Imola, non c’è troppo da aggiungere, 8 pole position (record in F1), l’ottava, l’ultima. Il brasiliano ci lasciò proprio lì, al Tamburello, dove il fuoco di Berger aveva acceso la fiammella della competizione e del talento di Ayrton.
All’alba del Gran Premio dell’Emilia Romagna 2022, siamo forse di fronte a un nuovo bivio. Il Cavallino vola in questa prima parte di stagione e Charles Leclerc lo sta cavalcando alla grande. Carlos Sainz no. L’urlo dello spagnolo, dopo essersi insabbiato a Melbourne (“c’è qualche possibilità che mi spingano?”) è un grido di battaglia, non di resa. Carlos è consapevole di avere la macchina giusta per lottare e i punti persi in Australia dallo spagnolo sono tanti.
Pure la pressione ora diventa “tanta roba”, come direbbe Binotto, e l’idilliaco rapporto tra i due potrebbe esplodere proprio nella pista che porta il nome di Enzo e Dino Ferrari.
La ciclicità della storia nella Formula 1 ci porta a tenere bene a mente gli insegnamenti del passato. Magari i due si troveranno ruota a ruota, tra quelle curve leggendarie che trasudano storia e passione, pronti a innescare il primo capitolo di una nuova rivalità tra compagni di scuderia.
La storia torna a correre tra le curve di Imola. Scriverla, ora, sarà compito loro.