Sei agitato? Nervoso? Soffri di insonnia? Ti senti incompleto e credi che la tua vita non riesca mai ad andare nel verso giusto?
Puoi stare sereno, non sei depresso, sei solo (semplicemente) ferrarista.
Sappiamo che Aldo Grasso vorrebbe che i commentatori di Sky smettessero di etichettare Leclerc come “Predestinato”, poiché dal suo punto di vista, in Charles, non c’è nulla di predeterminato dal destino, ma al massimo di “Predisposto” dal talento.
Tuttavia di “Predisposto”, in queste ultime domeniche, vedo solo il tifoso Ferrari, predisposto sì, ma a soffrire!
Questo sport è crudele, a volte troppo crudele. L’anima della Formula Uno è di per sé un paradosso, un mondo fatto di persone fredde: ingegneri, tecnici, avidi businessman e piloti, capaci però di infiammare motori, mescole e cuori degli appassionati.
Gare lunghe quasi due ore, che si costruiscono in quattro sessioni preliminari (tra prove libere e qualifiche), centinaia di ore di simulatore, dati, telemetrie, ma che si decidono in qualche millesimo di secondo.
Un’impercettibile frazione di tempo, che racchiude in sé un bivio: da una parte la gloria del vincitore, dall’altra la condanna dello sconfitto.
Proprio al Paul Ricard, verrebbe da dire, un circuito dove colpire i muri è praticamente un’utopia. Proprio Leclerc, verrebbe da aggiungere, l’uomo piĂą in forma, il valore aggiunto di questo cavallino imbizzarrito, sorridente tutto il week end, fino all’impatto, giro 17, un urlo… poi il silenzio.
“Se alla fine del mondiale mancheranno 32 punti sarà solo colpa mia”.
Così Leclerc ha commentato il suo errore, definendolo “inaccettabile” (e sommandolo, nel computo dei punti persi, al crash di Imola).
Un uomo squadra, un ragazzo d’oro, capace di fare da ombrello a mamma Ferrari, nonostante la siccità di gioie.
Tanta autocritica, come al solito, forse troppa se pensiamo ai punti persi dal muretto (Montecarlo, Silverstone) e quelli persi causa affidabilità (Montmeló, Baku), ed è meglio omettere i conti, per evitare di aggiungere alla sintomatologia del ferrarista anche il reflusso gastrico.
Certo, fa male. Con un Sainz che risale, un Perez che si addormenta e una Mercedes (pseudo)competitiva che può rimescolare le carte, questa omelette di Leclerc in terra francese proprio non ci voleva.
Detto questo, ve lo ricordate il Verstappen di tre anni fa? Un incrocio tra un fenomeno e un terrorista.
Come giustamente ha commentato Carlo Vanzini nel post gara, Charles ha 92 gran premi sulle spalle, Verstappen 153 e ben tre stagioni in piĂą del collega monegasco. Va bene che i due hanno la stessa etĂ , ma non possono vantare la stessa esperienza.
Poi, per chi ha rivisto in “Le Castellet 2022” un remake di “Hockenheim 2018”, vanno analizzate un paio di cose.
La dinamica dell’incidente è simile, l’amarezza è la stessa, ma il contesto è assai diverso. Vettel, all’epoca, aveva 31 anni e quattro titoli mondiali sulle spalle. Mentre Leclerc di anni ne ha 24 e sulle spalle porta soltanto l’esile peso di cinque vittorie e il marchio di Predestinato.
La vera costante è l’antagonista. Prima Hamilton, ora Verstappen: due cannibali. Vincitori e vincenti: nella mentalità , nella freddezza e nella serenità , caratteristiche che spesso, in quel di Maranello, latitano. Vuoi per troppe pressioni come con Vettel nel 2018, vuoi per inesperienza di team e piloti come oggi.
Forse, in quel maledetto giro 17, si sono spezzate le residue illusioni di una già improbabile rimonta mondiale. Può essere, ma per ora la matematica non condanna la Ferrari, e finché non lo farà la rossa battaglierà pista su pista, di questo ne siamo certi. Con un filo di amarezza, non resta che goderci lo spettacolo!